Nulla è più efficacemente rivoluzionario di quando quel che nasce con l’apparenza di provocazione poi si conferma un saldo motivo di esplorazione e d’importante affermazione: ovvero, quel mondo fashion che ha che fare col gender-fluid e i suoi sinonimi d’etichetta goffamente inscrivibili all’unisex, che in Jonathan Anderson ha trovato un interprete saggio, talentuoso e appassionato. E che attraverso la recente fashion week parigina ha presentato il risultato di un’evoluzione di stile e di pensiero che quel dialogo prezioso e intrigante tra i sessi lo porta direttamente in passerella, mescolando e fondendo non soltanto gli outfit, ma persino le collezioni.
La sfilata JW Anderson è stata infatti un abbraccio tra la collezione p/e 2020 maschile e la Resort s/s 20 femminile. Condivisione: voilà la parola-chiave!

Condivisione delle arti, per iniziare: Jonathan Anderson, per gli sparuti che non lo conoscessero, non è soltanto un fashion designer, bensì un creativo che ha illuminato il mestiere della moda con il valore dell’arte. La consapevolezza di creare abiti che, al termine dell’affascinante catena fashion, devono essere venduti si appaia alla saggezza del potere libero di aprire menti e orizzonti che è ancora esercitato dall’arte. Quel che accade col brand JW Anderson va dunque oltre la carrellata di creazioni da ammirare e acquistare: è anche l’occasione bella di toccare con mano riflessioni fondamentali, godendo l’effetto che fa vedere i confini che si assottigliano e la sperimentazione del fashion design che evolve.
Accade così che la sfilata avviene in una cornice perfetta per fascino e coerenza: la fondazione Lafayette, uno spazio espositivo multidisciplinare allestito con una selezione di opere d’arte effettuata da Jonathan Anderson in prima persona, che si è assicurato che creazioni e ospiti coabitassero tutti con le ceramiche e porcellane di Kate Newby, con una scultura in filo di Harry Kramer e alcune opere di Paul Thek.
Condivisione dei generi, ça va sans dire! Non c’è maschile, né femminile: le regole si rompono, così come si prendono le icone del brand oggetto di passione di Jonathan Anderson e si smontano, si sperimentano, si sfaldano, si perfezionano e si riallestiscono in nuove forme, lavorazioni, silhouette.
Si sfalda il trench: via le maniche! Le braccia son nude e la stoffa sul retro forma quasi delle ali geometriche. Stessa sorte per il completo: dove le strisce ai lati del pantalone prendono il sopravvento sulla superficie, e così disfatto ma sempre sartoriale veste anche il corpo di lei. Si decostruisce il tuxedo: via tutto tranne il bavero, che si allunga giù a raggiungere i piedi fino a diventare un’elegante sciarpa trompe-l’œil.

JW Anderson: luomo p/e 20 si mescola alla donna Resort 20, il sartoriale si descostruisce, il knitwear si trasforma, lo stile stupisce.

Gesti d’artista minimalista, ma anche mosaicista: in particolare col knitwear, salda passione di Jonathan Anderson che ne ha fatto il must have del brand. Intrigato dalla sua natura artigianale e per questo perfettamente imperfetta, nella collezione il knitting è materia prima di sperimentazioni ardite: proposto in completi a quadrotti dai colori forti, diventa quasi astratto e svuotato nel modello che denuda il corpo rievocando lo stile strappato della gioventù, oppure diventa un lungo nastro bicolor che si attorciglia morbido sul busto, o ancora si allunga in una veste dritta e ieratica se non fosse per le nappine allegre che la attraversano, fa il coro con i copricapi sferruzzati che rievocano le fogge medievali, doppia il lungo abito in seta per lei, che però indosserebbe anche lui. Non c’è differenza: c’è solo amore autentico per la moda in evoluzione, come le persone.