Non c’è niente di più rassicurante, per chi ha sempre a cuore il benessere dei giovani talenti italiani, di sapere che anche per questa settimana della moda milanese settembrina 2021 le istituzioni con le loro collaborazioni hanno ricavato spazio di visibilità per la cosiddetta nuova generazione: in questo nostro caso l’iniziativa s’intitola «Milano Fashionable Project», la terza edizione della sinergia tra Cnmi e la Rinascente, che ha ospitato 5 brand emergenti -Federico Cina, Amotea, Des_Phemmes, Froy, Traffico- ad esporre la collezione s/s 2022 al quarto piano del mall di piazza del Duomo per un giorno ciascuno, insieme alla concessione della vendita online per le due settimane successive al lancio.
Non c’è niente di meno rassicurante per chi ha ancora in mente che l’autorevolezza e la credibilità debbano passare attraverso la benedizione dell’istituzionalità, di accorgersi che la nuova generazione talentuosa di brand italiani lo spazio di visibilità insieme alla credibilità se l’è man mano costruito da sola, nella pienezza dell’indipendenza, nella fatica e forza di forgiare con consapevolezza la propria identità, nella determinazione intelligente di promuoverla attraverso dinamiche basate sull’autonomia, la sinergia, la spontaneità.
Ne è un esempio fulgido Federico Cina, che partecipando alla Milano Fashion Week ha aggiunto un nuovo traguardo di soddisfazione sulla pregiata lista di riconoscimenti assai meritati che compongono il suo percorso di crescita e affermazione nel fashion world, tra i quali brillano la vittoria del primo premio al Fashionclash a Maastricht. di “Who’s On Next? ad Altaroma, la selezione tra i semifinalisti del LVMH Prize 2021.
E che attraverso l’istallazione nel suo spazio alla Rinascente ha portato un frammento denso del suo mondo di stile intenso condensata nella capsule collection allacciata alla s/s 2022 dal titolo che, come suo felice solito, è un invito alla suggestione: ”Infanzia A-mare”.
La bravura talentuosa di Federico Cina è, infatti, un esercizio di fiducia nella sincerità della cultura di cui è intriso: la Romagna.
Quella che l’immaginario collettivo allaccia all’amarcord da polaroid estiva, una cartolina vacanziera di rassicuranti stereotipi della riposante provincia italiana con la sua personalità leggera e divertita, quasi macchiettistica; quella che la società performativa, metropolitana, affarista, che corre rapida e alienante, declassa perché troppo lenta, da cui diffida perché troppo familiare, sentimentale.
Quella che, invece e per fortuna, per Federico Cina il designer è terra di appartenenza che conosce come le sue tasche: con cui ha litigato quando sognava la grande città fashion che vive di moda, con cui si è riconciliato e su cui ha creduto e puntato per fare vivere nel mondo fashion la sua moda che racconta i sempiterni valori altrove perduti dello stile di vita nella piccola dimensione locale. Ed è tradizione preziosa e peculiare che continua ad esplorare: nel gusto per la sartorialità che nasce maschile, s’ispira all’abito buono della domenica, e poi sfuma man mano insieme al femminile, nell’intenzione forte per la sostenibilità, che va oltre la scelta di materiali naturali e si amplia alla sinergia con aziende artigiane rigorosamente romagnole, per tutelare la filiera, restituire dignità alla manifattura e rispetto all’umanità delle relazioni, ripristinare la bellezza dell’esclusività dei pochi capi fatti con la lentezza e cura della storica grande competenza.
Quella che, quindi, per Federico Cina il brand è felicemente la sostanza primaria di un progetto autentico e strutturato: perché profondamente personale, meticolosamente studiato, genuinamente riconoscibile e perciò facilmente comprensibile. Indossabile sul corpo e dunque vendibile nel mercato, e al contempo umanamente condivisibile nella collettività degli ideali sociali e nell’intimità dei sentimenti privati.
La chiave del successo è un esercizio di equilibri che ha la grazia del gesto e l’esattezza della consapevolezza del funambolo che crea la sua strada sospesa nel vuoto, sottile eppur resistentissima, attraversando la distanza tra due estremi che prima di quel momento sembravano inconciliabili: Federico Cina nel suo universo creativo esplora la geografia della nostalgia intima, personale e universale, che appartiene nei dettagli ai suoi ricordi e allo stesso tempo fa risuonare la tenerezza delle rimembranze di vita di tutti, poi prosegue determinato. Non si rifugia nel conforto del passato per fuggire l’attuale, ma ne trattiene la morbidezza come fosse ovatta con cui attutire le asprezze del mondo reale, e ne estrae la forza sperimentale per costruire il linguaggio, i prodotti, il messaggio. L’unicità del suo mondo di stile.
Federico Cina con la capsule s/s 22 "Infanzia A-mare” porta la sua unicità di intima nostalgia e nuova artigianalità alla Rinascente per la MFW
Nella capsule collection, e nell’installazione dedicata, che hanno abitato lo spazio alla Rinascente lo scorso 22 settembre, Federico Cina ha condensato il suo impasto di poetico romanticismo che accompagna a compiere un passo nel passato per raccogliere le memorie buone, e di generosa lucidità che le porta nel presente per assemblarle con la bellezza di una nuova visione.
Nei capi di “Infanzia A-mare” c’è il racconto di una nuova pagina del diario di vita nella Romagna del cuore, l’atmosfera marittima delle estati di bambino trascorse sulla spiaggia, la stessa dove c’erano le colonie, un mondo a sé che si mescola ai ricordi suoi e si fa ispirazione materiale anche grazie al libro “Addio Colonia” del fotografo romagnolo Luigi Tazzari, dalle cui istantanee che documentano l’esistenza abbandonata degli enormi edifici lungo la riviera, vuoti di vita ma ricolmi di tracce di presenze passate negli accumuli di coperte e materassi rigati, di ammassi di sedie in formica color pastello, provengono le campionature di texture e cromie.
Gli abiti narrano una femminilità abbracciata in questa occasione con una pienezza più definita rispetto al genderless che caratterizza il lavoro di stile di Federico Cina: le forme scambiano le lavorazioni con le atmosfere, le pieghe della gonna son quelle delle tende come gli spiragli che si spalancano alle folate di brezza, le righe dei lunghi abiti soffici son quelle dei letti e delle marinière, i colori rievocano i giochi delle piastrelle, la rilassatezza plasma le dimensioni delicatamente oversize.
L’installazione ricrea lo scenario di un ricordo tanto esatto da essere intatto: la superficie del mare si fa specchio su cui riflette la luce del tramonto.
La presenza dal vivo della degli eredi dell’Antica Stamperia Marchi di Santarcangelo di Romagna mettono in scena lo spettacolo affascinante e serissimo dell’artigianalità sul banco da lavoro originale: le stampe a mano con colori naturali s’imprimono sulle stoffe dagli stampi di legno premuti con fermezza schietta e accurata, così come i ricordi intrisi di dolci sensazioni s’imprimono sulla pelle che indossa gli abiti e da lì scendono, con il loro carico di emozioni semplici, vive, autentiche, e vanno giù, le diffondono ovunque, ci riempiono il cuore e le intenzioni.
Silvia Scorcella
Fashion and culture Writer Freelance, marchigiana d’origine e globetrotter d’adozione.
Ha intrecciato un percorso eterogeneo che mescola una Laurea in Lingue Straniere Arti e Cultura, un Diploma in Giornalismo di Moda all’Accademia di Costume e Moda di Roma e una Laurea Specialistica in Moda.
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