Concretezza e surrealtà: sembra un’azzardata accoppiata di contraddizioni… e lo è davvero. Anzi, son proprio le contraddizioni ad essere valorizzate, persino celebrate, con quel modo di fare sottilmente cerebrale ed al contempo esteticamente pungente, quasi pruriginoso, perché veritiero, che è tipico di Prada.
Accade nuovamente nella collezione s/s 2021 che quell’approccio perfettamente disturbante finalizzato a scuotere la rigidità delle prese di posizione per spostare sempre oltre i confini del gusto e dello stile, ma anche i confini della visione sulla realtà che abitiamo e che negli abiti viene rifratta, ce l’ha già nel titolo: “Prada Multiple Views, The Show That Never Happened”. Suona un pizzico magrittiano, nevvero?
Ed in effetti lo è: pensiamo di vedere una sfilata, ma la sfilata come la conoscevamo, quello spettacolo che accadeva nella vita offline con al centro una passerella solcata dalle creazioni indossate, circondata da un’élite di pubblico applaudente e giudicante, e su cui alla fine si affacciava sfuggente e sorniona la signora Miuccia a porgere il suo iconico inchino non c’è.

Al suo posto, c’è la versione che è la conseguenza del periodo sconvolgente e trasformativo, almeno in questo brevissimo termine, che è stata la pandemia con annesso lock-down: ovvero il digitale come strumento principale di sostituzione alla realtà fisica, e la moltiplicazione dei punti di vista, come trasposizione di quella molteplicità di percezioni e opinioni che avveniva tra il pubblico durante la sfilata tradizionale, ma anche come necessità di mantenere il valore della conversazione collettiva.
All’atto pratico questa dichiarazione d’intenti si è realizzata nella molteplicità di 5 visioni: 5 narrazioni affidate a 5 famose e differenti personalità creative, ovvero Willy Vanderperre, Juergen Teller, Joanna Piotrowska, Martine Syms e Terence Nance, ognuno autore e autrice di un microfilm, un frammento a suo modo unico e corale al tempo stesso, allacciati l’un l’altro a formare l’intero show.
Ma dentro questo caleidoscopio che moltiplica visioni, percezioni, intenzioni di messaggi e significazioni, un principio di stabilità c’è: gli abiti, focus vero del progetto di collezione, unico strumento davvero utile per dare un senso al fare moda almeno adesso, almeno secondo la signora Miuccia.
Gli abiti che nascono dall’identità di chi li concepisce, e che son destinati ad allacciarsi all’identità di chi sceglierà di possederli e indossarli: quelli della collezione s/s 2021 sono, ça va sans dire, frutto anch’essi di una riflessione profonda, quasi brutale, sulla realtà che mentre sfugge alla possibilità di previsione sul futuro, di certo richiede la necessità di coerenza col passato e di consapevolezza nel presente.

Prada s/s 21: “The show that never happened” è la sfilata mai avvenuta, 5 microfilm che narrano abiti semplici per vivere la complessa realtà

Ed eccola la visione primaria, quella che da Prada s’infonde nella manciata concisa di creazioni in collezione: più i tempi si fanno complessi, più gli abiti diventano semplici.
Per chi al lessico pradesco è avvezzo, ci riconoscerà l’acme della quintessenza di Prada: la funzionalità che è la ragion d’essere del suo minimalismo, la praticità che è la ragione di fare anche attraverso materiali resistenti come quelli tecnici e ormai leggendari come il nylon. Il nylon by Prada, ovviamente: quello che ha segnato l’inizio della sua fama fashion e che adesso ne chiude il cerchio dentro una collezione che sembra un riassunto rapido eppur senza tempo della sua storia.
Non manca nulla: la silhouette così affilata da sembrare brutale, la camicia bianca netta e geometrica che mai scompare, la mancanza assoluta di qualsiasi orpello che lascia spazio al protagonismo dei materiali e della conciliazione dei loro opposti, come quando i tessuti di derivazione industriale vengono trattati con manifatture classiche, quando l’asciuttezza delle forme quasi futuristiche viene giustapposta alle linee di derivazione formale. Accade così che l’abito con l’elegante gonna vaporosa ha tutta l’efficienza pratica del nylon seppur attraversato dal pizzo, il pantalone asciutto a staffa si aggancia alla ballerina con la punta più o meno affilata, la maglina sottile compone completi da sfoggiare anche fuori casa sotto un soprabito snello, il dinamismo dell’abbigliamento sportivo bianco candido tratto da Linea Rossa si mescola alla delicatezza quasi fragile dei colori pastello dei maglioni soffici e degli abiti tratti dalla lingerie. Unici vezzi: un paio di fiocchi così esatti da apparire grafici e un paio di motivi floreali che s’insinuano in una carrellata di neri assoluti.
A rifletterci ben bene, però, c’è un aspetto non del tutto vero in ciò che ho appena raccontato, o forse non del tutto finto: alla fine della sfilata mai accaduta l’inchino di Miuccia Prada di fronte al suo pubblico accade davvero. Ma il pubblico non esiste, o meglio: esiste ovunque.