Sono tante e variegate le doti virtuose che contribuiscono a solleticare le mani in un applauso entusiasta all’incontro con le collezioni che appartengono all’impegno, all’ingegno e al percorso di successo del giovane fashion designer londinese Daniel Fletcher.
Tra queste virtù di gran pregio ce n’è una innanzitutto che è al cuore di tutte, ed è anche la chiave d’interpretazione e godimento dei suoi capi: l’abilità di mescolare il talento creativo sartoriale alla capacità di vivere con coscienza nella realtà e, di conseguenza, alla necessità sincera di cucire nelle collezioni delle riflessioni sociali importanti, senza traccia di timore bensì con ottime dosi di fiducia positiva collettiva.
Daniel Fletcher è un ibrido bello di gentilezza e arditezza, ha il sorriso accogliente che è preludio della vena ribelle propositiva che sin dall’inizio della carriera lo orienta, come fosse una bussola emotiva, a mantenere salda una visione creativa e imprenditoriale squisitamente personale, ma che agisce con brillantezza e generosità anche nel contesto generale: è tanto appassionato della moda che crea con il suo brand rigorosamente indipendente, quanto di questioni sociopolitiche in cui, come cittadino della Gran Bretagna e del mondo, è immerso quotidianamente, e su cui ama prendere posizione con lucida concretezza. Il risultato son collezioni che per estetica ed eccellenza dimostrano la bravura di plasmare uno stile ricercato, moderno, comprensibile, riconoscibile e amato: al contempo risuonano come un amplificatore di messaggi e iniziative dissidenti rivolte a scuotere il sistema e le coscienze. Un mesh-up di figaggine da indossare e incoraggiamenti da attivare: cosa che accade puntuale anche con la collezione s/s 2021, of course!
Ma prima, è cosa buona e affascinante ripercorrere in un sum-up i tratti e le tappe della sua biografia creativa: che non nasce sfavillante come poi diventerà, dato che Daniel Fletcher, che ha appena sfiorato i trent’anni, proviene da Chester, una cittadina nel nord-ovest dell’Inghilterra dove ha custodito sin dall’infanzia il penchant per la moda e il divertimento del buon gusto, e nell’adolescenza narra di averla persino taciuta, perché non era cosa facile frequentare il liceo e, da maschio, esporsi allo stigma dei pregiudizi dichiarandosi appassionato di questioni fashion. Ma la tempra lo incoraggia a superare i tentennamenti e lo porta a Londra, alla Central Saint Martin’s, dove sublima la sua bravura: just to know, la collezione di diploma viene acquistata da Opening Ceremony, che lo battezza ad un successo sempre crescente. Mentre Harry Styles è il suo primo fan e acquirente. Un successo sempre gestito col buon senso della coerenza: sin da subito Daniel Fletcher crea con cura, indipendenza e lungimiranza il suo brand, e al contempo continua a forgiare le sue competenze in varie maison, Victoria Beckham, Burberry, Lanvin, e Louis Vuitton, dove si dedica agli accessori.
E la vena dissidente? Sempre presente: tra le varie, la s/s 17 è una dichiarazione salda e sonora di contrarietà alla Brexit con la sigla ‘Stay’ che incita a restare in Europa, in un’altra ricama l’appello a salvare il sistema sanitario nazionale, e ancora espone la sua posizione contraria ai movimenti di destra xenofobi. C’è anche la decisione, dopo varie stagioni di partecipazione alla fashion week londinese, di uscire dal calendario ufficiale per gestire con coerenza sostenibile i tempi e le prassi del suo business.
Naturalmente, nella sua giovane carriera guadagna nomine a premi importanti, tra cui il LVMH prize, l’International Woolmark Prize, il Future British Award, e l’appena arrivato GQ Breakthrough Designer ai GQ Men Of The Year Awards. E cresce con costanza la notorietà: grazie alla recente conquista della posizione di direttore artistico della linea maschile di Fiorucci, e alla partecipazione alla serie “Next in Fashion” di Netflix.
Pay attention please! Questa lista patinata non è mera strategia, tutt’altro: slogan, premi, nomine e visibilità si cuciono su quella che di Daniel Fletcher è la qualità davvero essenziale, ovvero il suo talento fulgido ad essere un fashion designer perfettamente moderno, ad aver sviluppato uno stile a suo modo unico, che amalgama l’aura classica dell’heritage sartoriale britannico ad uno sportswear che distilla negli elementi di confortevolezza e sentimento di squadra insieme alla nonchalance del casual, che sceglie gli anni ’60 e ’70 come moodboard e conforto estetico ma, anziché indugiare nella nostalgia di un passato mai vissuto bensì ricevuto in immagini e musica, lo innesta nel presente del gusto. E ne trae un’identità che per gli addetti ai lavori è catalogata come moda maschile: ma che nelle dichiarazioni d’intenti di Daniel Fletcher, e di tutti i suoi estimatori, è semplicemente abbigliamento rivolto a qualsiasi gender lo desideri e lo indossi.
La s/s 2021 conferma e rinnova tutte le virtù: ad iniziare dalla certezza che, per Daniel Fletcher, gli abiti, e tutto ciò che del suo brand ci ruota attorno, sono uno strumento per dire cose importanti. Ed anche in questa occasione l’ispirazione prende avvio da una questione che stimola la motivazione: la collezione è figlia del lock-down in ogni aspetto, dal messaggio alla progettazione, attraverso la produzione fino alle scelte nuove di presentazione e distribuzione.
La riflessione, stavolta, inizia dalla percezione del vuoto in cui rimbomba muta l’assenza di concerti dal vivo: Daniel Fletcher racconta di quanto manchi a lui la musica suonata live, ma soprattuto ai tanti musicisti, alcuni suoi amici, per cui è questione di vita e mestiere, ed è a loro che dedica la collezione. Per farlo, sfodera degli assi importanti dal suo mondo d’ispirazione: gli anni ’60 e ’70 indossati dalle figure enigmatiche e intriganti di David Bowie e Mick Jagger, e a quest’ultimo soprattutto si allaccia, attraverso il ricordo personale del primo concerto della sua vita a cui andò undicenne col padre. Per questo la collezione s’intitola “Paint It BlacK”: come la canzone dei The Rolling Stones.
Daniel w Fletcher crea abiti per dire cose importanti: la s/s 21 omaggia i musicisti senza concerti, usa drop e sostenibilità, esce dalla fw
Il sottotesto dell’ispirazione nobile è anche una dichiarazione pratica di noia infinita e condivisa all’abitudine acquisita di indossare abbigliamento domestico: la voglia di agghindarsi per uscire e far serata musicale e mondana ormai è palpabile. E Daniel Fletcher offre ottimi spunti da indossare appena sarà possibile: in una carrellata di pochi capi, ma buonissimi, anche perché sostenibili. Dal lock-down, infatti, deriva anche la scelta costretta riguardo i materiali, principalmente ritagli, scarti di laboratorio e tessuti di giacenza, insieme all’etica di produzione che più local non si può: con le fabbriche chiuse, Daniel ha lavorato insieme alle sue sarte da remoto, via call e telefono per confezionare i capi e non interrompere la loro attività.
Abiti e accessori racchiudono e raccontano tutto ciò fin nel dettaglio: innanzitutto c’è l’eleganza sartoriale percorsa dalla verve contemporanea, la nettezza magistrale del taglio che affila la silhouette è il marchio di fabbrica di Daniel Fletcher, insieme all’orlo dei pantaloni che si spalanca sbottonandolo, così come tipico è il gioco degli equilibri tra alto e basso, tra aplomb classico e intrusione sportiva, eseguito colo capospalla geometrico e quei blazer doppiopetto singoli e risolti in completi che vanno dal buio del nero importante all’azzurro leggero, insieme alle camice esatte in seta con cravatta fatta della stessa sostanza e la giacca in pelle soffice come burro, in contrasto con gli shorts che annunciano la primavera mentre ancora s’indossa la tradizione dei maglioni in lana irlandese, il tessuto a righe hickory e le giacche di denim naturale con impunture a vista che disegnano il ricordo della linea militare e dei tasconi della field jacket. Quello che sembra un patchwork di righe multicolori è il risultato dell’assemblaggio dei ritagli recuperati: divenuto materiale di maglie, canotte, pantaloni e perfino coperte che sono pezzi unici perché impossibili da replicare uguali.
Gli accessori s’indovinano seguendo i bagliori: delle catene in argento lucente che tramite fettuccia si allacciano sopra le giacche o reggono la vita bassa dei pantaloni, o che formano i manici della new-entry, la borsa a metà via tra secchiello e sacca.
Dal lockdown mixato alla grande notorietà deriva anche la scelta di presentare la collezione in digitale e renderla acquistabile subito, o meglio, tramite due drop, direttamente sul sito: uscire dalle tempistiche del sistema e valorizzare il rapporto diretto con il pubblico, con cui lo stesso Daniel ha imparato a dialogare a farsi amare, gli consente di produrre pochi capi, a differenza dei tanti che richiedevano le sfilate, e di renderli disponibili velocemente a chi li vuole davvero, senza soffocare il pianeta inutilmente. Quindi: la parte elegante della collezione è già disponibile online in vista delle feste, mentre quella che si alleggerisce per la primavera sarà in vendita da gennaio.
Silvia Scorcella
Fashion and culture Writer Freelance, marchigiana d’origine e globetrotter d’adozione.
Ha intrecciato un percorso eterogeneo che mescola una Laurea in Lingue Straniere Arti e Cultura, un Diploma in Giornalismo di Moda all’Accademia di Costume e Moda di Roma e una Laurea Specialistica in Moda.
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