KQK appare breve e criptico come un acronimo, ma sciogliendolo si scopre una realtà allo stesso tempo assai lontana, eppur così vicina.
Le tre lettere battezzano il brand fondato e diretto da Karen Quirion, che alle sue iniziali ha affiancato quella del fratello per cesellare il nome del marchio che conduce in salda evoluzione: assai lontana perché KQK nasce e cresce in Québec, ovvero in Canada, che in termini geografici, e in un certo senso anche di critica fashion, appare subito una terra distantissima.
Ma che si rivela anche assai vicina: perché Karen Quirion, che nel brand trasporta la sua identità tanto creativa quanto imprenditoriale, mescola giovinezza, indipendenza e respiro internazionale, ovvero la formula che la allaccia alla rete dei talenti che ad ogni latitudine del globo stanno contribuendo a riformulare la moda con saggezza e freschezza.
Un breve disclaimer va subito fatto: la giovinezza qui non è solo quella anagrafica, caratteristica che accomuna sia il brand -nato nel 2012- che la sua fondatrice, ma soprattutto quella di pensiero, ovvero la determinazione di condurre un progetto autonomo sorretto da una visione personale, al contempo ben imperniato nel mondo reale, che non lo condiziona né lo subisce, ma lo osserva danzandoci insieme nella costante evoluzione naturale delle cose.
Sin dalla prima collezione, infatti, l’indole di KQK è stata subito cristallina: abiti che vestono una femminilità che sfuma nell’androginia fino ad aprirsi alla fluidità libera sia di gender che di corpi, la creatività che confida nell’equilibrio tra estetica e funzionalità, il fascino per il tocco dark, l’asciuttezza architettonica e la graffiata punk, grande abilità sartoriale, e valori che non galleggiano ideali sulla superficie ma costruiscono la realtà concreta. E la collezione s/s 2022 ne è una felice, rinnovata, evoluta conferma.

L’internazionalità di Kare Quirion è nelle esperienze, che dalla formazione si trasferiscono irrimediabilmente nel bagaglio di vita: la moda è materia di studio prima nel Fashion Design al Notre-Dame de Foy Campus, poi a Milano nel Fashion Merchandising alla Nuova Accademia di Belle Arti e subito dopo, nel master in Fashion Communication & PR allo IED. Non solo la moda, ma anche le lingue straniere sono una grande passione, tanto che ha trascorso un paio di mesi in Argentina per studiarle, prima del rientro a Montreal.
Nel frattempo ci sono Toronto, New York, Parigi, e ancora Milano: per la promozione in passerella e per la distribuzione nei negozi.
Ed eccoci all’indipendenza, che trova coerenza già nel luogo in cui la moda di KQK prende vita e prolifera: ovvero la città natale canadese di Thetford Mines, che non ha nulla del tipico fashion locus metropolitano, ma ha tutta l’energia d’ispirazione e la disponibilità per la produzione.
Karen Quirion, infatti, la sceglie come sede lavorativa, e ne nutre la vena creativa: la collezione s/s 22 “Cemented Love / Love Cemented” prende avvio proprio da qui.
L’aggancio alle radici geografiche familiari suggerisce al suo sguardo di posarsi sulle rovine del passato, segnato dall’infervorata attività di scavo e commercio delle miniere di amianto, e di guardarlo col filtro non dell’affetto, ma dell’astrazione creativa: così quegli spazi vasti attraversati dai solchi imponenti diventano spettacoli di land art messi in scena dalla natura, dopo che l’uomo quella scena l’ha sfiancata e poi abbandonata.
Lo sguardo d’artista, poi, ci scorge strutture architettoniche energiche, disegni composti da materia prima brulla, grezza, a suo modo genuina, autentica: lontana dall’aspetto levigato di un’apparenza artificialmente perfetta, bensì una sostanza immersa nell’imperfezione, nell’asimmetria che tiene vivo l’equilibrio tra odine e caos.
L’intuito di stilista, infine ci trova l’ispirazione per gesti di creazione materica: così il sentimento, il “love” del titolo della collezione, non si misura in meri gradi emozionali, ma nella densità dell’intervento artigianale che orienta il processo creativo, nelle mani che obbediscono alla mente per mettere in pratica le suggestioni manipolando a fondo la materia attraverso la sperimentazione tecnica e la competenza sartoriale.

KQK s/s 22: dal Canada Karen Quirion guarda la natura, plasma la ceramica, narra l’amore e la fragilità con stile materico, romantico, dark

Stoffa, pelle, pittura, ceramica, filo per allacciare i frammenti di scarto e i frutti della lavorazione: questi gli elementi fondamentali con cui son plasmati i capi. Linguaggio organico, volumetria fisica, brutalismo romantico che ogni tanto diviene romanticismo brutale: cioè la semplicità, quel che è lo stato di natura, come prima che l’essere umano lo alterasse e trasformasse, questa l’intenzione che sottende la creazione.
Dalla semplicità viene la predilezione costante per la pulizia netta delle linee, la scarsezza di colori per lasciar spazio all’intensità di neri e grigi, illuminati da brevi ma intensi flash cromatici: non è minimalismo, piuttosto è un costante lavorio di sottrazione, di decostruzione del troppo per lasciare solo l’essenziale del classico nelle forme, e quel che resta usarlo per costruire a suon di tagli affilatissimi in contrasto con interventi di morbidezza e leggerezza.
Il resto viene dalla natura tradotta attraverso la manualità artigianale e artistica: il patchwork di seta arricciata a mano che sboccia e gonfia le bluse e le gonne, le scene di amanti e mani intrecciate dipinte sulla stoffa, la ceramica lavorata a tasselli assemblati negli orecchini, mei decori sparsi del giubbino o a formare un bra da appoggiare sopra la giacca a mo’ di decoro, la pelle filata a intrecci intricati come una ragnatela sulla pelle, o tagliata in frammenti cuciti a corazza. Dalla natura vengono persino le crepe, quelle tra le rocce dei grandi scavi nelle miniere che ora son parte delle texture che rendono intriganti le superfici dei capi.
E dato che di celebrazione della natura parliamo, se sorgono quesiti indagatori sulla naturalità, che guarda caso fa rima con la sostenibilità, della pratica di creazione e produzione: ebbene, la risposta è sì, anche l’etica sostenibile fa parte della filosofia di KQK. Karen Quirion la tiene fortemente in considerazione, e la applica con cognizione, in ottica di progressione: il denim, la pelle e i filati sono riciclati, la produzione è rigorosamente locale per garantire il controllo della qualità, la vitalità della filiera, e l’assenza di spreco grazie all’esclusività.