Il valore rituale antico, che ancora vive nella cultura orientale ma ormai perso nel moderno mondo frenetico occidentale, ritrovato attraverso la concezione del cappotto, uno solo perché davvero speciale, che ha nome Chapan: senza taglia, senza sesso, senza confini, senza tempo. Ma ricco di storia, artigianalità, umanità, qualità: bellezza, che decora l’aspetto e impreziosisce l’animo della personalità di chi l’indossa.
Si potrebbe quasi riassumere così l’essenza pregiata dell’impresa da cui prende vita la collezione di Aleksandraviktor: questo il nome del brand, berlinese per sede dell’attività, ma dai confini che si aprono e viaggiano lontano, fino alle terre e alla cultura dell’Uzbekistan, dove trova la materia prima tessile, manifatturiera, culturale e a suo modo spirituale, perfetta per l’ispirazione e l’intenzione da cui dà forma alla sua unica creazione, e alle sue poche perché consapevoli declinazioni, che dedica allo stile di vita attuale.
L’essenza di tale impresa e, di riflesso, del capo in collezione, è racchiusa in una parola brevissima ma importantissima: ikat.
Che nella trama tessile e nei motivi tinti di colori splendenti porta inscritta la trama della storia dell’umanità.
Ma prima di esplorare le nobili, incantevoli stratificazioni di valori e di straordinarie pratiche artigiane che ancora oggi vivono intessute nei tradizionali tessuti ikat, e che rivivono nei capi moderni qui narrati, ripercorriamo il ponte biografico che unisce le sponde delle storie: quella del brand tedesco con l’Asia centrale in cui vivono le relazioni con le maestranze artigiane che plasmano i tessuti ikat nella loro unicità, e, innanzitutto, quella di colei che del brand è la mente ideatrice e il cuore pulsante di passione, ma anche di attenzione responsabile.
L’azienda, e il progetto di ampio respiro che la anima, è frutto di Aleksandra Jagdfeld: che con il concetto dell’influenza positiva e costruttiva della cura dell’abbigliamento nel complesso della cura dell’aspetto è cresciuta con consapevolezza sin da bambina, nell’infanzia a Bromberg, in Polonia, grazie alla madre, singola presenza genitoriale; consapevolezza che ha maturato in lei la volontà di forgiarsi una carriera nel mondo del fashion, formata con gli studi in scienze della cultura in Germania e in comunicazione a Malaga, e praticata con una lunga esperienza nell’iconico department store Quartier 206 di Berlino. E, come nel più autentico storytelling di vita vera, quella che sembrava la conquista più alta in realtà si è dimostrata l’occasione per divergere dal percorso diremmo regolare: la profonda conoscenza del mondo retail del luxury fashion per quanto attraente nei prodotti è diventato per Aleksandra Jagdfeld respingente per via dei ritmi per niente sostenibili né in termini ambientali né in termini sociali. La sua consapevolezza si è dunque diretta a scandagliare l’insensatezza della rapidità del consumismo che, tra le tante conseguenze, incide sul senso sempre più dilagante del nostro sradicamento occidentale, un disagio esistenziale quando si sgancia il contatto con la nostra interiorità, che diventa disagio sociale nel dimenticarci le radici della nostra eredità.
La consapevolezza diventa concretezza con la nascita del figlio Viktor, il cui nome si associa al suo dentro quello del brand: Aleksandraviktor.
E la concretezza diventa costruzione col viaggio in Uzbekistan: il primo è stato nel 2015, il momento dell’innamoramento col paese, la gentilezza accogliente della gente, la cultura così antica e così viva, anche grazie alle mani orgogliose che praticano la tradizione secolare della creazione e tessitura dell’ikat, in particolare a Margilan, luogo d’eccellenza.
Aleksandraviktor: un solo capo, il chapan in prezioso ikat artigianale, tradizionale e attuale, senza taglia né sesso, senza confini né tempo
La soluzione racchiusa nella collezione Aleksandraviktor è rappresentata dal lusso della semplicità lenta, etica e rispettosa: un solo capo, un solo tessuto ma unico, una brevissima manciata di variazioni sul tema, la qualità molto alta della materia lavorata, la qualità molto responsabile della rete di lavoro con le maestranze artigiane locali per supportarle e rafforzarle contro le dinamiche annichilenti del fast fashion.
Il cuore della collezione Aleksandraviktor è dunque il capo Chapan: una veste ampia che sfiora la caviglia, nato nel 18° secolo, così nominato perché racchiude il significato di “cucito insieme”, era ed ancora è indossato equamente da donne e uomini, in particolare d’inverno per proteggersi dal freddo, ma anche per proteggere con educazione la pelle nuda delle braccia dall’esposizione.
Aleksandraviktor lo riproduce nella forma che noi definiremmo cappotto, con grande rispetto dell’originale: perché la versatilità della sua magnifica eleganza lo rende indossabile in qualsiasi occasione di quotidianità e mondanità, per sempre.
E lo rende unico grazie allo studio dei pattern ikat fatti su misura del desiderio del brand: narra la storia che Aleksandra Jagdfeld in uno dei suoi amati viaggi abbia comprato molti libri che raccontano gli antichi motivi fiammati ikat, e, tenendoli come riferimento nobile, li trasformi insieme agli artigiani in versioni attuali, omaggio alla tradizione antica originaria e allo stesso tempo interpretazione contemporanea.
Qui accade l’alchimia: sulla materia preziosa anch’essa tipica produzione secolare del luogo, la seta, pura per l’interno del capo e studiata in un blend di metà seta e metà cotone ideale per dare struttura esterna, l’ikat prende vita in tutti i suoi numerosi passaggi, che dalla cura del filato attraversano la tecnica di tintura peculiare a riserva, dove i filati sono uniti in piccoli mazzi e delle parti vengono protette attraverso una legatura stretta per resistere alla tintura, così da creare il gioco di colore che nella fase di tessitura a telaio crea il capolavoro decorativo finale.
Narrano le leggende remote che l’ikat sia nato per ispirazione di un tessitore osservando il sole che tesseva la sua luce sull’acqua rifrangendo i motivi delle nuvole e i colori straordinari dei suoi raggi dorati e della natura circostante. Spiega la tradizione artigiana che ci vogliono circa 37 passaggi per dar vita al tessuto ikat: e che ci vogliono circa 11 metri di ikat e 9 metri di seta per dare sostanza ad un capo di Aleksandraviktor, e cinque giorni per dar vita al tessuto di un chapan.
L’ispirazione per il nome delle varianti del capo in collezione proviene dalle amiche di Aleksandra Jagdfeld: donne vere che ha scelto apposta come modelle, donne vere come quelle che ovunque abitano e modellano la nostra società con la loro autentica personalità.
Silvia Scorcella
Fashion and culture Writer Freelance, marchigiana d’origine e globetrotter d’adozione.
Ha intrecciato un percorso eterogeneo che mescola una Laurea in Lingue Straniere Arti e Cultura, un Diploma in Giornalismo di Moda all’Accademia di Costume e Moda di Roma e una Laurea Specialistica in Moda.
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