Ho sempre definito Antonio Mancinelli il mio mentore.
Anni fa lo intervistai per la prima rivista indipendente della quale sono stato fashion director, cioè L@bel, e rimasi conquistato dalla sua cultura e dalla capacità che Antonio ha di raccontare la moda, inserendola in un contesto sociale e politico, di riuscire a trovare con facilità rimandi e citazioni.
Dopo quel primo incontro ebbi la possibilità di collaborare con lui per un mensile di moda che purtroppo non esiste più, cioè Donna. Da Antonio ho imparato tantissimo, e in particolare forse proprio questa attitudine a considerare la moda come un linguaggio capace di raccoglierne tanti altri, la sua capacità di connettersi con molteplici forme creative e con quello che accade nel mondo negli ambiti più disparati.
Se la moda è un mestiere che mi segue 24 ore al giorno è un po’ colpa di quello che mi ha insegnato lui. Ed io sono felice e grato di questo. Riflettendo sui personaggi a cui poter chiedere una personale preview sull’anno che verrà, ho subito pensato a lui.
Chi mai potrebbe avere uno sguardo più limpido, ricco, interessante di Antonio Mancinelli? E Antonio con la sua consueta disponibilità e impagabile professionalità non si è certo risparmiato nel rispondermi, dandomi anche molto da riflettere.
Ne risulterete affascinati anche voi. Ne sono certo. 

Come sarà il 2019 secondo Antonio Mancinelli? Cosa ci dobbiamo aspettare dall’anno che verrà?
La moda è una traditrice di segreti; è perfino più sleale dei sogni, che perlomeno hanno la virtù di essere privati. Nel 2019, secondo me, alle consuete e forse ormai desuete strategie dettate dai demiurghi del marketing, s’imporrà sempre più un suo ruolo politico, sociale, culturale nel senso più ampio del termine. E rivelerà – come hanno già fatto i gilet gialli in Francia – i segreti di popoli che la useranno per diffondere messaggi dal e con il loro corpo. Diventerà uno strumento per scioccare, turbare o rassicurare gli altri, spesso usato anche in modo inconsapevole. Ne prevedo dunque un successo e un riconoscimento che va al di là delle passerelle e delle proposte dei designer.

Servirà sempre più a dare un vestito ai pensieri, a dare uno stile alle battaglie quotidiane. Del resto, l’uso degli abiti neri per la notte degli Oscar, così repentinamente adottato dalle dive di Hollywood, ne è stato un’anticipazione. Vestirsi diverrà un atto diviso tra il desiderio di libertà e il senso di colpa nei confronti delle ingiustizie globali o della preoccupazione per un pianeta che sta morendo a causa nostra. Quello della moda sarà un viaggio tempestoso e stimolante tra le nuove istanze che ci vengono richieste. E spero che ci sia un consumo più saggio, più colto, più cosciente che non segua trend costruiti a tavolino, ma sia frutto della nostra capacità di scegliere. Abbiamo qualsiasi “tool” per conoscere quel che succede, sarebbe ingiusto non usare i social network, per esempio, come luoghi virtuali a cui ispirarsi.

Il 2019 secondo il caporedattore di Marie Claire Antonio Mancinelli: la moda inserita in un contesto sociale e culturale!

Sarà la Storia a essere la nuova influencer, mentre credo che quelli che lo hanno fatto finora caleranno, perché è un fenomeno che sta giungendo ormai a saturazione. Credo nel futuro di una moda fatta da progetti più che da singoli oggetti. Bisogna stare attenti a un conservatorismo di ritorno, certo. Ed è un augurio che faccio in primis a me stesso. Voglio un armadio di idee nuove, desidero indossare inedite provocazioni, pretendo di provare nuove emozioni e nuovi abiti. Di nuovi stilisti-pensatori. Chi? Per ora ho in mente un nome: Wales Bonner.

Foto di Giovanni Gastel