Una indubbia predisposizione alle stampe e ai colori accesi, ad abbinamenti di stile che rimandano ad una forte personalità, ad una concezione della moda che coniuga eleganza e voglia di osare. Parden’s rispecchia l’amore che la nuova generazione di creativi della moda made in Italy ha per rimandi ispirativi colti, ricchi di citazioni, e per una qualità che appare caratteristica irrinunciabile, se non principale, di ogni outfit, espressione anche del chiaro legame con le proprie radici.
Con la sua linea Parden’s il pugliese Daniele Giorgio è stato finalista del prestigioso concorso “Who’s On Next?” nel 2016, tornando poi a calcare le passerelle di AltaRoma, che con Vogue Italia sponsorizza il contest, anche in stagioni successive. Grazie ad una precisa visione degli scenari internazionali e con il desiderio di vestire un donna perfettamente inserita in questo tempo, una figura dinamica e attiva, il designer non si è più fermato e la linea si presenta come una delle più interessanti fra quelle uscite da “WION?”.
Non è la prima volta che incontro Daniele Giorgio, che mi ha conquistato grazie al suo entusiasmo e alla sua voglia di raccontarsi, e l’ho raggiunto nelle ultime settimane per scoprire un po’ le novità legate a Parden’s. Condivido volentieri con voi questa nostra chiacchierata.

Mi racconti l’ultima collezione? Da quale input creativi ha preso forma?
Il colore, il mediterraneo, la Puglia. Di particolare importanza l’opera dell’architetto messicano Luis Barragàn. I colori vibranti, il legame con la natura, i volumi semplici dei suoi progetti sono stati di grande ispirazione nella creazione della collezione. Abbiamo raccontato una storia fatta di grandi contrasti cromatici, volumi inaspettati, materiali naturali. 
 
Come è cambiata la linea in questi anni e a quale donna si rivolge ora?
Una delle cose che ho cercato di fare nel corso delle stagioni è quella di mantenere ferma l’identità del marchio e far crescere ed evolvere l’universo che sto cercando di raccontare. ll colore, le stampe, i richiami ad un mediterraneo moderno, all’arte contemporanea e al design sono e devono rimanere dei punti fermi. Credo che la donna Parden’s stia riscoprendo una nuova femminilità, più audace, pur mantenendo una forte sofisticazione di base. È una donna sempre più cosmopolita, curiosa e che non ha paura di inoltrarsi verso nuovi territori. Siamo nell’epoca del remix e credo sia necessario avere gli occhi aperti sul mondo, su ciò che sentiamo lontano da noi. Dobbiamo riuscire ad aprirci a ciò che riteniamo diverso e renderlo parte di noi. È un esperimento importante che credo possa essere compiuto soltanto se si ha una forte consapevolezza di noi stessi, di chi siamo e di cosa vogliamo dire.
 
Che cosa hai lasciato nel 2018 e cosa ti aspetti da questo nuovo anno?
È stato un anno ricco di novità e di sfide, soprattutto nell’ultimo periodo. Ha gettato le basi per dei cambiamenti che prenderanno forma in questo 2019 e di cui sono fortemente fiducioso. Il 2018 è stato un anno in cui abbiamo affermato sempre più il nostro messaggio e credo imparato a leggere la nostra identità con una nuova sicurezza. Sappiamo chi siamo e dove vogliamo andare e faremo tutto ciò che è in nostro potere per raggiungere i nostri obiettivi in modo sano ed equilibrato. Ho compreso come i giusti partner possano essere significativi nei progressi e di come possano sorgere nuove sinergie nelle modalità più inaspettate. Non bisogna avere paura di proporsi ed esplorare nuovi territori. Il 2019 potrebbe dar prova di come il termine “collaborazione” debba essere considerato con sempre maggiore importanza nella moda e di come l’evoluzione di un marchio e la sua tramutazione in “brand” passi talvolta da canali inattesi. 

Continua con successo il percorso di Daniele Giorgio con il suo marchio Parden’s, grazie ad una moda di qualità, all’insegna del colore.

Che cosa hai imparato lavorando nella moda?
A tenere gli occhi aperti sul mondo. A guardare con curiosità ed entusiasmo ciò che, a primo acchito, ritenevo lontano dal mio pensiero. A non avere barriere, geografiche e mentali. 
 
Quanto è stato importante il concorso WION per voi e cosa si potrebbe fare di più per aiutare i marchi emergenti?
Il WION ed il lavoro del team di Vogue Talents, Sara Maino in particolare, e di AltaRoma sono stati importantissimi nel nostro percorso. Credo che ci sia necessità di un maggiore incontro tra i designer e la filiera della moda. La manifattura italiana è un asset importantissimo per il nostro Paese, ma molto spesso difficile da raggiungere e restio alle nuove collaborazioni. Le aziende di produzione, i piccoli laboratori restano un universo sommerso. È necessario che chi crea e chi produce inizino a lavorare con una più spiccata sinergia. Ritengo inoltre vi sia la necessità di nuove visioni per quanto concerne la fase distributiva. Un maggiore dialogo tra agenti e designer porterebbe a grandi benefici ed inutili sprechi di tempo e denaro. Troppo spesso progetti vengono seguiti poco e male o giovani designers si ostinano a presentare un prodotto non giusto per un determinato territorio o momento storico. Un marchio non dev’essere un esercizio di stile per un creativo o una facile fee per uno showroom, ma un’azienda in grado di avere degli obiettivi e delle aspettative concrete. Troppo spesso ciò viene dimenticato. 
 
Un frase, un motto personale, una frase che vuoi lasciare ai miei lettori.
Fidati del tuo punto di vista, ma abbi il coraggio di metterlo costantemente in dubbio. Senza conflitto non c’è progresso.